mercoledì, aprile 29, 2009

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martedì, aprile 21, 2009

L'opera di Pynchon - II, V.

Thomas R. Pynchon già con l'uscita del suo primo romanzo era stato subito considerato un autore importante. Il primo romanzo, V., scritto nel 1963 ad appena 26 anni, contiene una galleria di personaggi che si intrecciano con apparente casualità. Pynchon scrive spesso di complotti, di società segrete, di intrighi internazional. Un modo questo per dare un senso a cose che sembrano assurde e descrive questi complotti quasi con sarcasmo, con l'ironia di chi vuole prendere in giro il lettore sapendone più di lui.
In V. si affacciano oltre 200 personaggi che si muovono tra Firenze, l'America, Malta ed in diversi contesti temporali 1943, 1919... Di molti personaggi viene raccontato qualche dettaglio che sembra quasi scritto solo per dare vitalità al personaggio ed in realtà dopo un po' di pagine diventa un punto importante.

Il protagonista principale, Stencil, è alla ricerca di una certa V., entità misteriosa di cui il padre aveva scritto nei suoi diari. Nel corso del libro V. si connota in diversi modi: una città, una donna, diventa per il figlio di Stencil il proprio legame col padre, mentre per il padre l'occasione per comprendere di aver perso molte cose nel troppo viaggiare .
V. è l'eterno femminino, la città che ti avvolge nel suo ventre, la giovane donna, il ratto femmina che vuole diventare una suora. V. rappresenta la ricerca, la pace, la guerra, l'amore, l'odio, è il modo in cui gli opposti convergono (se pensiamo a come le due linee della V si uniscono in un unico punto).
Un libro veramente bello, difficile, impegnativo con molti riferimenti e citazioni colte. Vorrei solo citare un passo che mi colpì per il significato e l'intensità anche in riferimento ad un evento mondiale molto triste come i bombardamenti a Gaza che in quel periodo erano sulle prime pagine dei giornali.
"Dieci milioni di morti e almeno il doppio di feriti erano uno shock più che sufficiente. [...] Questi dieci milioni di morti consideriamoli pure una cifra enorme, una formula chimica, una ragione storica. Però, santo Dio, non l'Orrore Indicibile, il prodigio improvviso che ghermisce un mondo ignaro. Ne siamo tutti testimoni. Non c'è stata nessuna innovazione, nessuna particolare violazione dell'ordine di natura, nessuna sospensione dei soliti prìncipi. Se la gente comune è stata colta di sorpresa, la Grande Tragedia è la sua cecità, e non la guerra in sè." (V. - pag. 547)
Le motivazioni delle guerre sono quasi sempre le stesse: la terra, il potere, la supremazia, l'avidità eppure ci sconcertiamo perchè puntualmente non crediamo l'uomo capace di tanto. Non ci rendiamo conto che quelle stesse forze ci guidano nelle nostre sopraffazioni quotidiane.
(passi tratti da V. - Thomas Pynchon, BUR)