tag:blogger.com,1999:blog-282039022024-03-14T00:44:14.335+01:00canoscenzaAppunti di lettura, spunti di riflessione, con in mente le parole di Dante.Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.comBlogger48125tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-23275200188242541872019-03-23T12:13:00.001+01:002019-03-23T12:13:22.948+01:00La mia morte<div style="text-align: justify;">
G, è questo lo pseudonimo che l’autore si dà, è questo il modo in cui viene chiamato, lungo tutto il romanzo, il protagonista principale. </div>
<div style="text-align: justify;">
Non si tratta di un’autobiografia, l’autore ci tiene a precisarlo (“Nulla è reale eccetto il dolore e l’amore” pag. 140), è invece la storia della metamorfosi di un uomo con una “forma fisica, coltivata con tenacia [...] colto e brillante” (pagg. 7, 8), cresciuto in una famiglia esigente e basata su “secoli di incroci fra benestanti, nobili, professionisti” (pag. 94) che progressivamente perde la proprietà del proprio corpo.</div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
“Il tuo corpo è un oggetto che non gestisci tu, non è più davvero tuo, stai solo a vedere che ti faranno come uno spettatore qualunque, inascoltato. Sicuramente tuo è soltanto il dolore” (pag. 112)</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
Il libro, come già fa intuire il titolo, racconta della malattia e, infine, della morte del narratore/protagonista. Avvocato di successo, conosciuto da tutti in città per la sua competenza e testardaggine, con trascorsi di impegno civile, “duro di cuore, egoista, presuntuoso, insensibile e forse un po’ stupido” (pag. 11), scopre di essere affetto dal morbo di Parkinson. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
La tematica della malattia e della libera e consapevole scelta di come vivere e morire, sono centrali in questo romanzo sincero, duro e in diversi punti caustico. </div>
<div style="text-align: justify;">
La malattia viene vivisezionata a partire dalle prime preoccupazioni, i consulti specialistici, la speranza di migliorare, il rapporto conflittuale con chi cerca di aiutarti, fino ad arrivare all’angosciante sensazione di sepoltura da vivo che il protagonista associa alla propria condizione.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
A volte si ha timore di nominarla, come se non volessimo risvegliare un demone sopito. Nel libro, invece, la morte è addirittura inserita nel titolo, è un elemento che permea tutto il racconto. </div>
<div style="text-align: justify;">
E’ la vera protagonista del romanzo e quasi non vediamo l’ora entri in scena, come G del resto, e quando lo fa, riesce a prendersi gioco di noi, ridendo della sua inventiva.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
“La mia morte”, non è solo un romanzo di fantasia, è un romanzo politico di denuncia da parte di chi vorrebbe che l’eutanasia fosse un diritto di cui le persone, in particolari condizioni e in piena libertà, possano disporre. </div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Quando parliamo di questo tema non possiamo non pensare ai casi di Eluana Englaro, di Piergiorgio Welby e di DJ Fabo; non possiamo non pensare al concetto di biopotere di Foucault; non possiamo rimanere indifferenti pensando che siano tematiche che non ci riguardino. </div>
<blockquote class="tr_bq" style="text-align: justify;">
"A lungo, uno dei privilegi caratteristici del potere sovrano era stato il diritto di vita e di morte [...] mette in atto il suo potere sulla vita solo attraverso la morte che è in grado di esigere" (Postfazione, pag. 143 - Tratto da M. Foucault, "La volontà di sapere")</blockquote>
<div style="text-align: justify;">
La disponibilità del proprio corpo, anche nella fase terminale della vita, è un tema fondamentale della modernità.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
[G, "<a href="https://www.amazon.it/mia-morte-G/dp/888579808X/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&keywords=la+mia+morte&qid=1553339279&s=gateway&sr=8-1">La mia morte</a>", Tempesta Editore, 2019]</div>
Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-37849543667564448222012-11-17T23:02:00.002+01:002012-11-17T23:02:18.067+01:00Cesare deve morire<div style="text-align: justify;">
<i>"Cesare deve morire"</i> è l'ultimo film dei fratelli Taviani, vincitore dell'Orso d'Oro al Festival di Berlino 2012. Il film ripercorre tutte le fasi della messa in scena, dai provini fino al debutto in teatro, del <i>Giulio Cesare</i> di Shakespeare da parte di un gruppo di detenuti del carcere di Rebibbia. Quasi tutto il film è girato con un bianco e nero penetrante, profondo che si insinua nei volti segnati e vissuti dei detenuti, alcuni dei quali destinati al carcere a vita. Il bianco e nero lascia il posto al colore solo in tre momenti precisi: durante lo spettacolo in teatro (all'inizio ed alla fine del film) e quando un detenuto indugia su una foto rappresentante un bellissimo paesaggio marino lasciandosi forse cullare dai ricordi o dai desideri. I Taviani in modo molto esplicito evidenziano la profonda cesura tra la prigione e la libertà rappresentata dall'arte, dai desideri, dai ricordi felici. La location del carcere diventa il palcoscenico naturale per quest'opera in cui si parla di violenza, di tradimenti, di omicidi, di vendette ed i detenuti diventano i testimoni più fedeli (<i>"ma perché di Cesari prepotenti a casa nostra non ne abbiamo mai conosciuti? E i tradimenti e le uccisioni?"</i>)</div>
<div style="text-align: justify;">
Così i Taviani ci restituiscono un film vero, profondo, che colpisce per il pathos espresso dagli attori che, recitando con il proprio dialetto, rendono l'opera di Shakespeare ancora più solida, concreta e attuale. </div>
<div style="text-align: justify;">
Due passaggi in particolare sono interessanti. Nel primo Bruto si oppone all'uccisione di Antonio dicendo agli altri congiurati:</div>
<blockquote class="tr_bq">
<i>"[siamo] esecutori di giustizia e non macellai [...] Noi ci siamo rivoltati contro le idee. Noi ci siamo rivoltati contro lo spirito di Cesare, questo non è un assassinio è un sacrificio. Ah se si potesse strappare lo spirito al tiranno senza squarciare il petto suo"</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
ed una volta dette queste parole si interrompe perché emerge ferocemente il ricordo di un suo amico che, per aver espresso un concetto simile nei confronti di una sua futura vittima, era stato accusato di codardia da tutti, lui compreso. </div>
<div style="text-align: justify;">
Il secondo episodio è dopo la morte di Cesare, quando Bruto, di fronte agli altri detenuti dirà: </div>
<blockquote class="tr_bq">
<i>"Se poi quest'amico mi domanda perché Bruto è insorto contro Cesare ecco la mia risposta: non perché poco amassi Cesare ma perché molto amavo Roma. Avreste preferito Cesare vivo e noi morti in schiavitù o Cesare morto e noi vivi in libertà?"</i></blockquote>
<div style="text-align: justify;">
Il sacrificio è fatto in nome di un'ideale più grande, la libertà, quella che questi attori vedono come un'immagine vivida in opposizione a quella cupa e senza colori della loro esistenza all'interno del carcere. La crudeltà, il tradimento, l'onore, la vendetta hanno scandito la loro vita ma solo attraverso l'arte sono riusciti a comprendere fino in fondo le proprie miserie seguendo un percorso <span style="text-align: justify;">quasi catartico. </span><span style="text-align: justify;">Lo stesso Cassio alla fine del film dirà </span><i style="text-align: justify;">"da quando ho conosciuto l'arte questa cella è diventata una prigione" </i><span style="text-align: justify;">e mentre dice queste parole prepara il solito caffè con in sottofondo una stupenda musica ed i titoli di coda che ci riportano alla realtà delle loro condanne e delle nostre miserie.</span></div>
Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-73043841636782709332011-11-02T12:15:00.004+01:002011-11-02T12:27:56.305+01:00Gotico Americano di William Gaddis<p style="text-align: justify;">Leggere un romanzo di Gaddis è sempre un’esperienza edificante, il turbinio dei dialoghi fa sì che il lettore da statico diventi un vero protagonista del racconto origliando, guardando dal buco della serratura lo svolgersi degli eventi. Inizialmente si è spaesati, si hanno le vertigini per la quantità di informazioni, per la densità dei discorsi ma poi ci si abitua e le cose iniziano a prendere forma. “Gotico Americano”, il terzo romanzo di Gaddis, non è differente, anzi, lo scenario claustrofobico della casa in stile gotico americano in cui è ambientato, ne esalta la drammaticità. Seppure la dimensione dell’opera è minore di quella dei precedenti lavori di Gaddis, la profonda e severa critica alla società è immodificata.</p><p style="text-align: justify;">Uscito nel 1985 e apparso in Italia nel 1990, edito dalla casa editrice Leonardo, dopo ventun anni rivede la stampa ad opera della casa editrice Alet con una completa revisione della traduzione operata da Vincenzo Mantovani.</p><p style="text-align: justify;">Potete continuare la lettura del mini saggio su <a href="http://retroguardia2.wordpress.com/2011/11/02/william-gaddis-gotico-americano/">Retroguardia 2.0</a></p>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-31200346676165089642011-10-24T08:00:00.002+02:002011-10-24T09:45:55.747+02:00"JR" di William Gaddis<div style="text-align: justify;">JR” è la prima opera di William Gaddis a ricevere il National Book Award nel 1976 ma sono stati necessari quasi 35 anni per vederne pubblicata in Italia la traduzione ad opera dell’ottimo Vincenzo Mantovani e della coraggiosa casa editrice Alet Edizioni. </div><p style="text-align: justify;">Molti sono gli aspetti che potrebbero scoraggiarne la lettura: la dimensione notevole (quasi 1000 pagine), l’uso esclusivo del dialogo tra personaggi senza l’indicazione di chi sia di volta in volta a parlare, un gran numero di personaggi e storie che si intrecciano, insomma tutti ingredienti che potrebbero allontanare un lettore medio; ma questo lettore perderebbe la possibilità di leggere una grandissima opera letteraria, lucida, satirica, in molti punti anche esilarante. Una volta iniziato a leggere, seguendone il ritmo, non si potrà che godere del piacere della lettura. Come infatti osserva Thomas Moore, l’uso del dialogo aumenta la vitalità del racconto riducendo la differenza tra la durata di un episodio ed il tempo necessario per leggerlo. Se infatti lo stesso libro fosse stato scritto usando metodi “tradizionali” sarebbe stato necessario un numero di pagine ben maggiore e la scelta coraggiosa di eliminare completamente la voce narrante, ha il preciso obiettivo di aumentare l’immediatezza e la partecipazione del lettore.<br /></p>Potete continuare la lettura del mini saggio su <a href="http://retroguardia2.wordpress.com/2011/01/28/william-gaddis-jr/">Retroguardia 2.0</a>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-74637366252906099502010-04-23T09:44:00.003+02:002010-04-23T09:51:38.579+02:00"Le perizie" di William Gaddis<div style="text-align: justify;">“Le perizie” è l'opera prima di William Gaddis pubblicata nel 1955, largamente ignorata per 20 anni fino alla pubblicazione, nel 1975, di “JR”. In Italia l’autore continua ad essere perlopiù ignoto nonostante la vittoria del National Book Award per ben due volte (nel 1976 per “JR” e nel 1994 per “Frolic of his own”). La sua ridotta notorietà qui da noi è andata di pari passo con la mancata traduzione delle sue opere in italiano, basti pensare che solo nel 2009, dopo 34 anni dalla sua pubblicazione, è apparso sugli scaffali delle librerie, per i tipi di Alet, “<a href="http://tommasopincio.splinder.com/post/20715062">JR</a>“.<br />Considerato uno dei padri del postmodernismo, Gaddis riesce sapientemente a coniugare qualità di scrittura e complessità narrativa. L’intreccio delle storie, dei personaggi, dei simboli, dei riferimenti eruditi insieme ad uno stile variegato, rendono “Le perizie” una delle più interessanti, affascinanti e complesse prove letterarie del ‘900.<br /><br />Riassumere il contenuto di questo testo è un'impresa non semplice. Inoltre più che la sinossi è interessante la fitta rete di rimandi e di simbolismi che per forza di cose è difficile descrivere completamente. Ho cercato di scrivere un riassunto ragionato apparso in questi giorni su Retroguardia 2.0 e che potete trovare <a href="http://retroguardia2.wordpress.com/2010/04/21/%E2%80%9Cle-perizie%E2%80%9D-di-william-gaddis/">qui</a><br /><br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-11011152977848699842009-11-30T14:39:00.002+01:002009-11-30T14:43:25.079+01:00"Contro il giorno"Su <a href="http://retroguardia2.wordpress.com/2009/11/25/%E2%80%9Ccontro-il-giorno%E2%80%9D-di-thomas-pynchon-recensione-di-amedeo-buonanno/">Retroguardia 2.0</a> e su <a href="http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2009/11/26/%E2%80%9Ccontro-il-giorno%E2%80%9D-di-thomas-pynchon-recensione-di-amedeo-buonanno/">La poesia e lo spirito</a> il mio commento all'ultima opera di Thomas Pynchon tradotta in Italia: "Contro il giorno"Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-83133901287177141902009-06-29T10:36:00.003+02:002009-06-29T10:40:58.934+02:00Gruppo di lettura dedicato a PynchonVista l'uscita della traduzione italiana di "Against the day" [<a href="http://www.ibs.it/code/9788817025805/pynchon-thomas/contro-il-giorno.html">Contro il giorno</a>, Rizzoli] ho realizzato un blog che permette a chiunque stia leggendo il libro di condividere impressioni, note, commenti. Ho suddiviso il libro in capitoli e creato un post per ogni capitolo. Basta commentare il capitolo interessato.<br /><p>Per ora è in corso la lettura di Contro il Giorno.<br />Siete tutti invitati a leggere, commentare e condividere.<br /></p><a target="_blank" rel="nofollow" href="http://pynchonreadinggroup.blogspot.com/">http://pynchonreadinggroup.blogspot.com/</a>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-58380396296555062162009-04-29T09:39:00.002+02:002009-04-29T09:54:34.250+02:00Nuova piattaforma per gestire i commenti ai postDa oggi è attivo sul blog una nuova piattaforma che permetterà ai visitatori del sito di commentare in modo più agevole e veloce come se stessero scrivendo su un forum con tutti i vantaggi del caso (notifiche via mail, essere sempre aggiornato su dibattiti inerenti un post ecc ecc)<br /><br />Per saperne di più : http://intensedebate.com/ oppure commenta i post.Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-33469123058803880642009-04-21T20:00:00.004+02:002009-04-22T14:55:35.122+02:00L'opera di Pynchon - II, V.<div style="text-align: justify;">Thomas R. Pynchon già con l'uscita del suo primo romanzo era stato subito considerato un autore importante. Il primo romanzo, V., scritto nel 1963 ad appena 26 anni, contiene una galleria di personaggi che si intrecciano con apparente casualità. Pynchon scrive spesso di complotti, di società segrete, di intrighi internazional. Un modo questo per dare un senso a cose che sembrano assurde e descrive questi complotti quasi con sarcasmo, con l'ironia di chi vuole prendere in giro il lettore sapendone più di lui.<br />In V. si affacciano oltre 200 personaggi che si muovono tra Firenze, l'America, Malta ed in diversi contesti temporali 1943, 1919... Di molti personaggi viene raccontato qualche dettaglio che sembra quasi scritto solo per dare vitalità al personaggio ed in realtà dopo un po' di pagine diventa un punto importante.<br /><br />Il protagonista principale, Stencil, è alla ricerca di una certa V., entità misteriosa di cui il padre aveva scritto nei suoi diari. Nel corso del libro V. si connota in diversi modi: una città, una donna, diventa per il figlio di Stencil il proprio legame col padre, mentre per il padre l'occasione per comprendere di aver perso molte cose nel troppo viaggiare .<br />V. è l'eterno femminino, la città che ti avvolge nel suo ventre, la giovane donna, il ratto femmina che vuole diventare una suora. V. rappresenta la ricerca, la pace, la guerra, l'amore, l'odio, è il modo in cui gli opposti convergono (se pensiamo a come le due linee della V si uniscono in un unico punto).<br />Un libro veramente bello, difficile, impegnativo con molti riferimenti e citazioni colte. Vorrei solo citare un passo che mi colpì per il significato e l'intensità anche in riferimento ad un evento mondiale molto triste come i bombardamenti a Gaza che in quel periodo erano sulle prime pagine dei giornali.<br /><blockquote style="font-style: italic;">"Dieci milioni di morti e almeno il doppio di feriti erano uno shock più che sufficiente. [...] Questi dieci milioni di morti consideriamoli pure una cifra enorme, una formula chimica, una ragione storica. Però, santo Dio, non l'Orrore Indicibile, il prodigio improvviso che ghermisce un mondo ignaro. Ne siamo tutti testimoni. Non c'è stata nessuna innovazione, nessuna particolare violazione dell'ordine di natura, nessuna sospensione dei soliti prìncipi. Se la gente comune è stata colta di sorpresa, la Grande Tragedia è la sua cecità, e non la guerra in sè." (V. - pag. 547)</blockquote>Le motivazioni delle guerre sono quasi sempre le stesse: la terra, il potere, la supremazia, l'avidità eppure ci sconcertiamo perchè puntualmente non crediamo l'uomo capace di tanto. Non ci rendiamo conto che quelle stesse forze ci guidano nelle nostre sopraffazioni quotidiane.<br />(passi tratti da <span style="font-style: italic;">V. - Thomas Pynchon, </span>BUR)<br /></div><br /><span style="text-decoration: underline;"></span><a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Letteratura_postmoderna" title="Letteratura postmoderna"></a>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-64797931119439780362009-03-15T17:15:00.002+01:002009-03-15T17:35:10.933+01:00L'opera di Pynchon - I<div style="text-align: justify;">Thomas Pynchon è sicuramente uno degli autori americani più apprezzati e che maggiormente ha influenzato la scrittura contemporanea. Famoso non solo per le sue opere ma anche per la sua leggendaria riservatezza, ha scritto diversi romanzi alla base dei quali si trova sempre il complotto, l'intrigo.<br />Attraverso la sua scrittura Pynchon produce un effetto straniante sul lettore che si ritrova catapultato in un mondo complottista, pieno di intrighi di cui si sente un tassello e percepisce quel senso di smarrimento che gli stessi personaggi di Pynchon sentono sulla loro pelle.<br />A partire da "<span>V."</span>, Pynchon ci ha donato romanzi sempre molto "entropici" in cui moltissimi personaggi ruotano intorno alla narrazione, comparse, attori principali, antagonisti, tutti secondo uno schema che ci appare sempre confuso eppure racchiude un ordine ben preciso e che risponde a delle motivazioni stilistiche ed a volte anche simboliche. Muovendosi nello spazio e nel tempo con disinvoltura, la lettura di un romanzo di Pynchon non è cosa facile, perchè si cerca di utilizzare le normali categorie di sequenzialità, di cronologia che puntualmente il Nostro elude per creare un affresco vorticoso che rappresenta in maniera perfetta il mondo consumistico / industriale in cui viviamo fatto non di linearità ma di vortici separati che nel loro frenetico girare si incontrano.<br />La sua profonda ironia, il suo sottile sarcasmo si esprime anche nei confronti del lettore che sembra quasi voglia prendere in giro cambiando sempre punto di vista, nascondendo alcuni particolari, portandolo nei meandri più oscuri della mente umana, in quell'angolo buio che rappresenta il proprio io.<br /><br />L'opera di Pynchon, per la ricchezza di tematiche e di stili, la varietà della lingua utilizzata, la profonda indagine dell'uomo, la grande erudizione, i diversi piani di lettura, è disarmante tanto da renderne difficoltosa una qualsivoglia descrizione.<br />Bisogna farsi trasportare dalle sue pagine per comprendere pienamente di cosa si parla ed io cercherò nel mio piccolo di scrivere di volta in volta qualche appunto su alcune sue opere che ho letto.<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-2758884295367668142009-02-25T11:00:00.001+01:002009-02-25T11:08:59.119+01:00Pastorale Americana<div style="text-align: justify;">Pastorale Americana è uno dei capolavori di Philip Roth, uno dei grandi autori americani viventi. Si racconta della vita di un uomo per bene, Seymour Levov (lo "Svedese"), attraverso la voce, le supposizioni ed i ricordi di un amico di scuola del fratello di Seymour, Zuckermann (che Roth userà anche in altre sue opere come proprio alter ego).<br />Seymour vive la propria vita da benestante, con una famiglia normale e felice, un uomo che, usando le parole di Roth, "non è stato programmato per avere sfortuna". La sua vita è apparentemente perfetta, tutto sembra andare bene finchè la figlia Mary, mette una bomba all'emporio del paese ed un medico che si trovava al limitrofo ufficio postale muore in seguito allo scoppio. Mary diventa latitante e la vita "perfetta" dello Svedese mostra tutte le sue imperfezioni ed ipocrisie.<br /><blockquote><span style="font-style: italic;">La figlia che lo sbalza dalla tanto sognata pastorale americana e lo proietta in tutto ciò che è la sua antitesi e il suo nemico, nel furore, nella violenza e nella disperazione della contropastorale: nell'innata rabbia cieca dell'America (pag. 98)</span></blockquote>Seymour rappresenta l'America, con tutte le sue assurdità ed ipocrisie. Il suo è il desiderio di far parte del Sogno americano, di avere una vita felice o che appaia tale ma la tragedia della figlia lo metterà di fronte alla sua esistenza, ai suoi errori, alle sue azioni che sembrano mosse solo dal desiderio di seguire ciò che la gente si aspetta da lui.<br /><br />Il fratello Jerry, completamente diverso da Seymour, durante una conversazione telefonica avrà modo di attaccarlo e forse fargli aprire gli occhi sulla sua vita.<br /></div><div style="text-align: justify;"><blockquote style="font-style: italic;">Volevi Miss America? Beh l'hai avuta, altroché: è tua figlia! Volevi essere un vero campione americano, un vero marine americano, un vero magnate americano con una bella pupattola cristiana appesa al braccio? Volevi appartenere come tutti gli altri agli Stati Uniti D'America? Beh, ora gli appartieni, ragazzone, grazie a tua figlia. Ce l'hai nel culo adesso la realtà di questo paese. Con l'aiuto di tua figlia sei nella merda fino dove è possibile sprofondarci, vera merda, fantastica merda americana. L'America pazza furiosa! In preda a furore omicida! (pag. 295)<br /></blockquote></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-style: italic;"></span>E' attraverso Jerry che comprendiamo meglio l'indole di Seymour, la sua propensione a fare sempre quello che gli altri si aspettano da lui "Tu sei quello che fa tutte le cose giuste" (pag. 293).<br /><span style=";font-family:verdana;font-size:85%;" ><br /></span>In Pastorale americana vi è un'analisi dell'America sociologica ma anche psicologica che evidenzia i luoghi nascosti, oscuri della vita e dell'anima, le stanche ritualità sociali che perpetuiamo per noia, le passioni incomprensibili, il lato oscuro di ognuno di noi.<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-53734684438990765192009-01-12T20:30:00.003+01:002009-01-13T09:17:06.611+01:00Il Volto<div style="text-align: justify;">Leggendo "Body Art" di DeLillo, un piccolo libricino di appena 100 pagine, si rimane colpiti da come nei primi capitoli sia tangibile la monotonia, la routine tra una moglie ed un marito. Il rapporto tra l'uomo e la donna è sempre stato al centro di molte opere e rappresenta un difficile puzzle di compromessi, comprensioni, ipocrisie, silenzi e solitudine (basti ricordare "Scene da un matrimonio" di Bergman, oppure all'estremo "Eyes wide shut" di Kubrick trasposizione cinematografica di "Doppio sogno" di Arthur Schnitzler). Già i normali rapporti interpersonali sono scanditi da un senso di incomprensione, disagio, che ci porta a pensare che forse siamo veramente delle isole che ogni tanto si incontrano per avere una parvenza di socialità, rinchiusa nelle forme e nelle convenzioni che la società ci richiede.<br />L'uomo è un "animale sociale" diceva Aristotele. Oggi tutti questi Social Network sembrano dare ragione al filosofo greco, eppure la ricerca di amicizia, il stringere legami a distanza con persone mai viste, è l' esigenza umana di avere contatti con altre persone. Attorniarsi di amici ci rende sicuri di noi, ci dà la possibilità di vivere felicemente non soffermandosi sulle nostre miserie, cosa che faremmo in solitudine.<br />C'è un bisogno nell'uomo di comunicare, socializzare, vivere le relazioni, eppure sembra sempre che tutto sia così artefatto, poco autentico, poco spontaneo. Tutto è scandito dai ritmi imposti dal conformismo e forse Facebook e tutti i blog, questo compreso, non sono altro che un estremo tentativo di non rimanere soli pur sapendo che è questa la nostra tendenza.<br /></div><span style="font-style: italic;"><blockquote>"Prese la faccia tra le mani, guardandolo fisso. Cos'aveva significato quel gesto la prima volta, la prima volta che una creatura pensante aveva guardato negli occhi, in profondità, un'altra creatura? C'erano volute centinaia di migliaia di anni perchè questo accadesse, o era stata la prima cosa che avevano fatto, gli esseri umani, un'esperienza trascendente, la cosa che li aveva resi superiori, che li aveva resi moderni, lo sguardo che dimostra la solitudine della nostra anima?" (pag.70)</blockquote></span>Cosa significa guardarsi negli occhi? Alzare lo sguardo da terra, guardare nel luogo più oscuro, dove la luce entra ed acceca ogni possibilità di vedere oltre.Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-9203033182610929342008-11-04T21:06:00.006+01:002008-11-16T13:11:10.978+01:00La Folla<div style="text-align: justify;">Mao II, il decimo romanzo di Don DeLillo, è pieno di folla, come dice nel suo commento all'opera il critico Tom LeClair. Ciò che colpisce in questo romanzo, che come tutte le opere di DeLillo è pieno di riflessioni e domande, è la preponderante presenza dei grandi ammassi di persone. Il romanzo apre parlando di un matrimonio di massa secondo il rito del reverendo Moon all'interno dello Yankee Stadium, e si conclude con la visione di un matrimonio a Beirut preceduto da un carroarmato. La folla è presente ai funerali di Khomeini o tra le strade di New York piena di senza tetto. <br /><div style="text-align: left;"><span style="font-style: italic;"></span><blockquote>"The future belo<span style="font-style: italic;">n</span>gs to crowds." [trad. "Il futuro appartiene alle folle"] (pag. 16 )</blockquote><blockquote></blockquote></div>E' la folla fervente, che diventa anonima, informe, rivedendosi e annullandosi nel proprio leader, è questa la folla che crea gli idoli e si fa da loro trasportare. Quando la fotografa Brita andrà a Beirut per fotografare il leader terrorista Abu Rashid l'interprete le dirà, giustificando la presenza dei cappucci sui volti dei ragazzi nella stanza:<br /><blockquote>"I ragazzi che lavorano vicino ad Abu Rashid non hanno faccia o voce. I loro lineamenti sono identici. Sono i <span style="font-style: italic;">suoi</span> lineamenti. Non hanno bisogno dei propri lineamenti o voci. Essi stanno cedendo queste cose per qualcosa di potente e grande"<br />(pag. 234)</blockquote> e più avanti dirà:<br /><blockquote>"il terrore è quello che noi usiamo per dare alla nostra gente il loro posto nel mondo. Quello che viene ottenuto con il lavoro noi lo guadagniamo col terrore. Il terrore rende un nuovo futuro possibile. Tutti gli uomini un uomo" (pag. 235)</blockquote></div>Siamo poi tanto diversi, sotto l'aspetto dell'acritica accettazione di quello che i moderni idoli ci propinano, da quei ragazzi senza volto? Riusciamo ad avere i nostri lineamenti, una voce propria ed abbiamo il coraggio e la voglia di farci sentire?<br />(I brani sono tratti da<span style="font-style: italic;"> Mao II - Don DeLillo</span>, Ed. Penguin Book e tradotti)Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-11724748221838377642008-06-15T19:15:00.009+02:002008-06-22T14:55:15.781+02:00Queneau: il tempo, la Storia, il sogno - II<div style="text-align: justify;">Nel suo libro "Zazie nel metrò" Queneau racconta una sorta di favola dove una bambina, l'opposto dell'innocenza, crea scompiglio nella famiglia dello zio dove è ospite per un paio di giorni. E' una fiaba metropolitana, dove al posto dell'innocenza fanciullesca trova posto la sfacciatagine, al posto dell'educazione lo sberleffo nei confronti della morale e del senso del pudore. Lo zio Gabriel, che si esibisce in un locale per omosessuali di Pargi però dice:<br /><blockquote>Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un'ombra (incantevole), Zazie il sogno di un'ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l'ombra di un'ombra, poco più di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota(oh! mi scusi)</blockquote>E questo ci permette di ricollegarci a questo tema sempre caro a Queneau, quello del sogno, della labilità della realtà, dove il surreale diventa un modo per esprimere le contraddizioni della modernità, perchè dietro ogni sorriso e assurdità si racchiude un senso profondo di smarrimento.<br />Nel manifesto del Movimento surrealista del 1924 si definisce surrealismo:<br /><blockquote>Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.<br /></blockquote></div><div style="text-align: justify;">Almeno inizialmente Queneau è vicino al surrealismo da cui dopo però si allontana, ma permangono sempre in lui l'interesse verso l'onirico ed il sogno come testimonia anche il suo libro "I fiori blu". Spesso definire sogno una situazione permette di elevarla al di sopra delle convenzioni e di esprimere in modo più pungente l'assurdità della realtà.</div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-91067595692463994242008-06-07T12:13:00.004+02:002008-06-07T15:29:28.176+02:00Underworld<div style="text-align: justify;">Ogni volta che si legge un libro di DeLillo si rimane colpiti dalla profondità della pagina. Il racconto travalica i limiti del foglio per avvolgere la nostra vita e ci presenta ciò che accade in un modo nuovo e sempre più profondo. "Underworld" è, credo, il capolavoro narrativo di DeLillo, diverse storie che si avvicinano ed allontanano in 900 pagine in cui magistralmente vengono rappresentati gli eventi. Cercare di riassumerne il contenuto non ha senso. Tutto ha inizio con la storica partita di baseball dei Giants contro i Dodgers del <span style=";font-family:Arial;font-size:85%;" >1951 </span>raccontata nelle prime 50 pagine e che, attraverso la palla dell'ultimo fuoricampo, avvolge tutto il racconto. La storia americana degli anni '50 - '60 viene sezionata attraverso lo sguardo di uomini comuni, miti veri e fasulli.<br />"Tutto è collegato, alla fine" (pag. 879) sembra quasi un monito al lettore di come ogni azione possa condizionare lo scorrere degli eventi, come ognuno di noi abbia una responsabilità.<br />Di questo libro si potrebbe parlare a lungo ma volevo solo mettere in evidenza un passo che credo sintetizzi bene la dimensione dell'opera di DeLillo. Nell'ultimo capitolo, si narra dell'apparizione su <span style="font-style: italic;">un cartellone pubblicitario </span>di una bambina uccisa nel Bronx, Esmeralda. Il giorno dell'apparizione molte persone sono lì a guardare il fenomeno e così anche il giorno dopo con l'arrivo di venditori di cimeli, gadget... Il terzo giorno arriva la mamma tossicomane scomparsa e si sente male, ed il quarto giorno il cartellone pubblicitario viene rimosso.<br /><blockquote>"Il cartellone è tutto bianco. con due sole parole, <span style="font-style: italic;">Spazio Disponibile</span>, seguite da un numero di telefono a caratteri eleganti" (pag. 876)<br /><br />"E cosa ricordi, alla fine, quando tutti sono andati a casa e le strade sono vuote di devozione e speranza, spazzate dal vento del fiume? Il ricordo è vago e amaro, e ti fa vergognare con la sua fondamentale menzogna - tutto sfumature e silhouette magica? Oppure la potenza del trascendente indugia, il senso di un evento che viola le forze naturali, qualcosa di sacro che pulsa all'orizzonte caldo, la visione che desideri ardentemente perché hai bisogno di un segno che contraddica il tuo dubbio? [...] E ricorda l'odore del carburante degli aerei. Questo è l'incenso della sua esperienza, cedro e resina bruciati" (pag. 876-877)</blockquote>In una zona degradata come il Bronx, vi è lo spazio per un momento di poesia, o forse è proprio in quelle zone che si esprime con tutta la carica un certo tipo di poesia metropolitana fatta di speranza, di contraddizione, di delirio, di redenzione.<br />Il miracolo accade nel Bronx, e dove appare il volto se non su un cartellone pubblicitario, simbolo del consumismo, del nostro desiderio incessante di acquistare e consumare? E quello "Spazio disponibile" cosa rappresenta? La prossima sostituzione con un nuovo miracolo, più d'effetto, con maggior attrattiva, perché anche nel miracolo vi è un subdolo aspetto consumistico... oppure cosa? Eppure qualsiasi momento di profondità rimane avvolto nell'atmosfera metropolitana dove simboli della modernità vanno a sostituire quelli sacri.<br /><br />L'ultima parola del libro è "Pace", forse "Spazio disponibile" rappresenta un modo per raggiungerla o in cui crediamo di averla a portata di mano.<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-68889020775622765432008-04-27T21:22:00.003+02:002008-04-27T21:55:26.224+02:00L'onirico di Lynch<div style="text-align: justify;">L'ultimo film del grande regista americano David Lynch è "INLAND EMPIRE" che potremmo tradurre come "L' impero della mente".<br />Il film rappresenta una summa dell'opera di Lynch: l'onirico, l'angoscia, la confusione e molto altro. Con questo film il regista ha spiazzato tutti facendo in modo che molti critici e fruitori osservassero come il film fosse insulso ed incomprensibile.<br />Certamente l'opera non è semplice e, come tutti i film di Lynch, richiede attenzione ed apertura mentale. E' necessario lasciarsi trasportare dalle emozioni che il regista vuole trasmettere. Lo spettatore perde i punti di riferimento e si trova in balia delle immagini: gioia, dolore, angoscia, tristezza. Quello che Lynch crea non è un film, ma una serie di lampi emozionali che ci permettono di guardare dentro noi stessi perchè mette a nudo l'assurdo, il dolore, le paure, le angosce presenti in ognuno di noi.<br />La storia è semplice e come dice lo stesso Lynch:<br /><blockquote></blockquote>"parla di una donna nei guai, ed è un mistero"<br /><br />La donna è un' attrice, Nikki Grace, scelta per interpretare Sue Blue ma durante le riprese del film compie un viaggio dentro se stessa in modo da perdere il senso della realtà.<br />Lynch, in un'intervista per il lancio di "INLAND EMPIRE", ha citato un passo dell'<span style="font-style: italic;"> </span><em></em>Aitareya Upanishad:<br /><br />"We are like the spider. We weave our life and then move along in it. We are like the dreamer who dreams and then lives in the dream. This is true for the entire universe."<br /><br />sintetizzando così il suo pensiero sulla vita e su come realizza i film.<br />Nelle sue opere, partendo da "Eraserhead", passando per "Velluto blu", "Strade perdute", "Mulholland Drive", fino ad arrivare ad "INLAND EMPIRE", si avverte sempre un'angoscia, un frustrante senso di alienazione nel vedere alcune scene cariche di tensione ed attesa. Ma poi accade qualcosa che non ci aspettavamo, che non ha un senso, che non segue un filo logico. Ma chissà se la vita è veramente così logica, chissà se non siamo noi a voler dare una logica alle cose per sentirci più sereni?! Oppure è solo la nostra mente così squisitamente illogica?!<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-90032852422907341632008-03-08T11:00:00.003+01:002008-03-08T11:06:10.030+01:00L'uomo che cade<div style="text-align: justify;"> L'ultimo romanzo di Don DeLillo, "L'uomo che cade", narra dell'11 settembre 2001, di quello che è accaduto a New York, della vita di un sopravvissuto, Keith, che scende dalle torri con in mano una valigetta non sua. Senza comprendere cosa stia facendo si avvia verso la casa della moglie da cui è separato e ricrea con lei un rapporto che da anni si era interrotto. Ovviamente tutto viene raccontato con maestria dal grande scrittore americano, un narratore onnisciente che di volta in volta punta l'obiettivo su un personaggio e lo segue nei suoi pensieri, nella sua vita. E' così che conosciamo i pensieri della moglie Lianne, le paure di Keith e i desideri del gruppo di terroristi che organizzano l'attentato. Le storie della famiglia riunita e dei kamikaze si muovono su due tempi opposti: la prima vicenda si allontana dall 11/9 mentre la seconda si avvicina alla fatidica data, ma si incontrano nelle ultime pagine piene di caos e silenzio chiudendo in modo circolare la narrazione.<br />Ci sono diverse cose da notare nel racconto, una fra tutte il riferimento al grande pittore bolognese, Giorgio Morandi. Quest'ultimo è famoso nel mondo per le sue nature morte formate da oggetti comuni, di uso giornaliero, che vengono da lui fissate sulla tela come a creare un senso di attesa metafisica, come se avessero qualcosa da dirci. Eppure sono oggetti inanimati. DeLillo sembra quasi voler creare un parallelo tra queste opere, la condizione di sospensione del tempo che queste producono e la figura dell' "uomo che cade". Questi è un artista formatosi all'accademia di arte drammatica di Cambridge, che si mette un'imbracatura abbastanza rudimentale e si lascia cadere nel vuoto, probabilmente<br /><blockquote><span style="font-style: italic;">"Intendeva riflettere la postura di un uomo in particolare che era stato fotografato mentre cadeva dalla torre nord del World Trade Center, a testa in giù, con le braccia tese lungo i fianchi, un ginocchio sollevato" (pag 229)</span><br /></blockquote>Lianne aveva avuto avuto modo di vederlo da vicino quando si era lanciato da una piattaforma alla fine di un tunnel ferroviario nel momento in cui transitava un treno.<br />Il "falling man", che poi dà anche il titolo al libro, è un personaggio chiave del racconto, il suo nome viene svelato solo alla sua morte, perchè l'importante è quello che rappresenta. David Janiak, questo è il suo nome, voleva rappresentare un corpo nel puro movimento<br /><blockquote style="font-style: italic;">"Una cosa sola, in sostanza, avrebbero potuto dire. Qualcuno che cade. Un uomo che cade" (pag. 168)</blockquote>ma anche un corpo sospeso, in silenzio, immobile di fronte al delirio, mentre tutto intorno a se continua a pulsare, a vivere, anche bruciare, lui è lì, solo, in preda ad un atto di terrore e di libertà. Eppure è solo un corpo che cade.<br />(passi tratti da "L'uomo che cade", Don DeLillo, Einaudi)<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-34834943718706597662008-02-24T17:10:00.000+01:002008-02-24T17:15:36.834+01:00Rumore bianco<div style="text-align: justify;"><blockquote><span style="font-style: italic;">"E' il linguaggio delle onde e delle radiazioni, ovvero quello per il cui tramite i morti parlano con i vivi. Ed è lì che aspettiamo, tutti insieme, a dispetto delle differenze di età, i carrelli stracarichi di merci colorate. Una fila in movimento lento, gratificante, che ci dà il tempo di dare un'occhiata ai tabloid nelle rastrelliere. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno, che non sia cibo o amore, lo troviamo nelle rastrelliere dei tabloid. Storie di fatti soprannaturali ed extraterrestri. Vitamine miracolose, le cure per il cancro, i rimedi per l'obesità. Il culto delle star e dei morti." (pag. 349)</span><br /></blockquote>E' così che termina il romanzo "Rumore bianco" dell'autore americano, di origini italiane, Don DeLillo. Il libro è pieno di interessanti spunti di riflessione, tutti molto attuali e che fanno di DeLillo uno scrittore che sa esprimere come pochi altri i drammi del nostro tempo.<br />Il consumismo è alla base della nostra società e la nostra vita diventa un'attesa ad una cassa di un mega supermercato in cui, attendendo il proprio turno, ci facciamo distrarre dai tabloid, riviste che ci presentano un mondo sempre più di plastica ed artefatto e in cui sono racchiuse le aspirazioni, i sogni della nuova società. Basti rileggere a pag 96<br /><blockquote><span style="font-style: italic;">"Comperavo con abbandono incurante. Comperavo per bisogni immediati ed eventualità remote. Comperavo per il piacere di farlo, guardando e toccando, esaminando merce che non avevo intenzione di acquistare ma che finivo per comperare"</span><br /></blockquote>L'autore americano mette a nudo le contraddizioni della ipertecnologica società in cui vive il protagonista, Jack Gladney, professore universitario di studi hitleriani, che è la stessa in cui noi viviamo. Jack è sempre scettico di fronte al pericolo, sempre sicuro che esista una soluzione ultra moderna e priva di rischi, è quasi in preda ad un senso di onnipotenza. Eppure si accorgerà che non è così, che siamo tutti destinati a convivere con nuove tipi di morte come dirà il suo collega Murray<br /><span style="font-style: italic;"><blockquote>"Ogni progresso in conoscenza e tecnica viene pareggiato da un nuovo tipo di morte, da una nuova specie. La morte si adatta, come un agente virale." (pag. 167)</blockquote></span>Ed il rumore bianco del titolo non è altro che questo senso di morte che avvolge tutti gli uomini.<br /><span style="font-style: italic;"></span><blockquote><span style="font-style: italic;">"Portiamo la stessa maschera.<br /></span><span style="font-style: italic;">- E se la morte non fosse altro che un suono?<br /></span><span style="font-style: italic;">- Rumore elettrico<br /></span><span style="font-style: italic;">- Lo si sente per sempre: suono ovunque. Che cosa tremenda!<br /></span><span style="font-style: italic;">- Uniforme, bianco"(pag. 216)</span></blockquote>La morte è il protagonista silenzioso ed onnipresente di questo romanzo. Di fronte ad essa si può cercare di rimuoverne il ricordo, come fa la moglie di Jack, o cercare di affrontarla come il ragazzo che vuole rimanere chiuso in una gabbia con serpenti oppure giungere al gesto estremo dell'omicidio catartico.<br />Ma sopra ogni cosa, ogni tentativo, aleggia questo rumore elettrico, non molto diverso dalle onde che veicolano le nostre comunicazioni.<br />(Passi tratti da "Rumore bianco", Ed. Biblioteca di Repubblica)<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-43328818384215849402008-01-26T15:00:00.000+01:002008-12-13T13:20:29.060+01:00Medea ed il mito ritrovato - ILa storia di Medea, come donna ferita dal tradimento di Giasone e carnefice dei propri figli, è la versione che ci è stata tramandata da Euripide e che mette in evidenza i tratti greci della concubina e della madre.<br /><div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjU7KonWLWr50Vhmh7vhQkY9hDkMkWt8oEOeClHrJ7zVO61ADXyRiILDZ0U8LN53bo6eT5tgieFQ5PzCdalx1yICyG2cmFteU8F04KLIks4nU0tieZQpyunm9MGCVX8NSpAfcIWNg/s1600-h/Medea_delacroix.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjU7KonWLWr50Vhmh7vhQkY9hDkMkWt8oEOeClHrJ7zVO61ADXyRiILDZ0U8LN53bo6eT5tgieFQ5PzCdalx1yICyG2cmFteU8F04KLIks4nU0tieZQpyunm9MGCVX8NSpAfcIWNg/s320/Medea_delacroix.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5159785229348376386" border="0" /></a>Il mito di Medea è stato ripreso da molti autori dall'antichità fino ai nostri giorni, partendo da Euripide, Ovidio (della cui opera a riguardo si è persa ogni traccia) fino alle opere di Grillparzer, Alvaro e la stupenda versione cinematografica di Pasolini.<br />Ogni "versione" porta in se degli elementi di discussione che ovviamente non si possono esaurire nè banalizzare in questa sede, ma quasi tutte le opere riprendono il mito secondo la tradizione euripidea. Christa Wolf, invece, rielabora i frammenti del mito provenienti da fonti diverse, attestate soprattutto da Apollonio Rodio, mettendo in evidenza, nello stesso tempo, come nella storia dell'uomo ci sia stata la tendenza, nei momenti di crisi, a cercare un capro espiatorio, a caricare spesso di segni negativi una determinata figura, spesso femminile (si chiami Cassandra, o "strega" destinata al rogo) per destituirla di ogni autorevolezza.<br />La Medea che uccide i propri figli e dice riguardo alla fine che dovrà fare Giasone: (Eurip. <span style="font-style: italic;">Medea</span> vv. 803 - 806)<br /></div><div style="text-align: justify;"><blockquote><span style="font-style: italic;">Ché vivi non vedrà mai più quei figli ch'ebbe da me, né dalla nuova sposa avrà mai prole, ché il destino vuole che quella trista donna trista morte trovi pei miei veleni</span><br /></blockquote></div><div style="text-align: justify;">è una donna forte che vuole esprimere la propria autorità e vuole spogliare lo sposo di qualsiasi motivo di orgoglio (i figli ed il potere) per affondarlo. E' lontanissima dalla Medea della Wolf che dice (C. Wolf, <span style="font-style: italic;">Medea</span> ed. e/o)<br /><blockquote style="font-style: italic;">"Morti. Li hanno uccisi. Lapidati, dice Arinna. E io che credevo che, se me ne fossi andata, la loro sete di vendetta sarebbe passata. Non li conoscevo.[...] L'amore è stato fatto a brani, cessa anche il dolore. Sono libera. Senza desideri ascolto il vuoto che mi colma"(pag. 223)</blockquote>E' in queste strazianti parole che Medea esprime il suo spirito di madre, ferito, distrutto da una cieca rivolta del popolo di Corinto.<br />In questa bellissima opera della scrittrice tedesca, in cui la materia è sviluppata attraverso un gioco di monologhi interiori, le pagine sono cariche di passione, alcune di odio, altre di amore ma quelle che più ci colpiscono sono quelle intrise delle urla silenziose degli innocenti figli di Medea.<br /><br /><br />Per un primo approfondimento, oltre alla lettura dell'opera nella bella edizione e/o, consiglio il seguente link:<br />http://www.griseldaonline.it/formazione/medea_varotti.htm</div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-21635036746094256282007-12-28T11:26:00.000+01:002007-12-28T12:27:51.360+01:00Queneau: il tempo, la Storia, il sogno - I<div style="text-align: justify;">Il grande scrittore francese Raymond Queneau è stato un grande innovatore della letteratura mondiale. Famoso è il suo divertimento letterario <span style="font-style: italic;">Esercizi di stile</span> dove un brevissimo racconto di un viaggio in autobus diventa la materia con cui l'autore produce 99 variazioni sul tema rinarrando la storia con l'uso di tutte le figure retoriche, dei diversi generi letterari, giocando con le sostituzioni grammaticali ed altro ancora, dimostrando, in questo modo, le molteplici possibilità, le grandiosi potenzialità della lingua.<br />Ma Queneau oltre che un "teorico" è stato anche un grande scrittore che ci ha lasciato romanzi molto eleganti dal punto di vista formale e vorticosi da quello costruttivo.<br />In <span style="font-style: italic;">I fiori blu </span>(i passi seguenti sono tratti dall'edizione de La biblioteca di Repubblica) il Duca d'Auge attraversa l'era moderna ricomparendo ogni 175 anni e Cindrolin vive negli anni Sessanta su un'arca ancorata nei pressi di Parigi. Le due storie si svolgono indipendentemente fino ad incontrarsi. Un romanzo sul sogno (il racconto dell'uno si colloca quando l'altro sogna), un racconto sul tempo che scorre inesorabile, sulla memoria.<br /><blockquote>"Ci sono sogni che si snodano come incidenti senza importanza, cose che nella vita ad occhi aperti neppure se ne riterrebbe il ricordo, eppure ti occupano al mattino quando li afferri mentre si spingono in disordine contro la porta delle palpebre. Avrò sognato?" (pag. 14)</blockquote>L'espressione "fiori blu" appare due volte nel romanzo all'inizio ed alla fine quasi ad indicare una certa ciclicità ma anche un certo cambiamento. All'inizio il Duca d'Auge esclama: "Lontano! Qui il fango è fatto dei nostri fiori" ("Loin! Loin! Ici la boue est faite de nos fleurs") (pag. 8) che è un verso di "Moesta et errabunda" (<span style="font-style: italic;">I Fiori del male</span> di Baudelaire) con l'unica differenza di un cambio di consonante ("Loin! Loin! Ici la boue est faite de nos <span style="font-weight: bold;">p</span>leurs!"). Come dice Calvino nelle note del traduttore, "In Q. il fango è quello della Storia che si disfa [...] e di cui tutto il profitto che si può ricavare sono "un po' di giochi di parole" e "un po' d'anacronismi"; ma è certo che questa fanghiglia contiene tanto i "fiori" degli ideali delusi quanto i "pianti" di cui la realtà della Storia è inzuppata" (pag. 221)<br />Alla fine del romanzo ricompare di nuovo l'espressione "fiori blu" quando il Duca d'Auge approda con la chiatta di Cidrolin trasformata in Arca di Noè per attraversare il diluvio ed arrivare alla meta sognata (uscire dal Tempo? o ricominciare l'Eterno Ritorno del tempo ciclico?)<br /><blockquote>"Uno strato di fango ricopriva ancora la terra ma qua e là piccoli fiori blu stavano già sbocciando"(pag. 216)</blockquote>Qui i fiori blu sono il colore che ridona vigore alla vita, la speranza che cerca di sollevarsi dalla fanghiglia.<br />Voglio terminare questo post ricordando cosa vi era scritto nel risvolto di copertina della prima edizione di <span style="font-style: italic;">Les fleurs bleues </span><br /><blockquote>"Secondo un celebre apologo cinese, Chuang-tzé sogna d'essere una farfalla; ma chi dice che non sia la farfalla a sognare di essere Chuang-tzé? E in questo romanzo, è il Duca d'Auge che sogna di essere Cindrolin o è Cindrolin che sogna di essere il Duca d'Auge?"</blockquote></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-90925047016137784202007-12-09T15:00:00.000+01:002007-12-10T09:05:38.105+01:00La vita in "Le anime morte"<div style="text-align: justify;">Lo scrittore russo Nikolai Gogol nel 1842 scrisse l'opera destinata a diventare una delle sue più celebri: "Le anime morte" (passi tratti da <span style="font-style: italic;">Nikolai Gogol, Opere - Vol II, Meridiani Collezione</span>). Nelle intenzioni dell'autore vi era l'idea di scrivere un grande poema russo che seguendo le orme della Commedia dantesca potesse rappresentare la vita della Russia a partire dalle dimensioni più basse, l'inferno appunto, di cui il testo pervenutoci rappresenta il compimento.<br />La trama è molto semplice: un giorno, nel capoluogo del governatorato di N. arriva l'assessore collegiale Pavel Ivanovič Čičikov che cerca di ingraziarsi tutti con i suoi modi gentili. Il suo scopo è acquistare delle anime morte, ovvero dei lavoranti che non risultano ancora depennati dal censimento ma che sono in realtà morti. L'apparente semplicità della trama si svolge come un affresco sarcastico, satirico ed a tratti grottesco della Russia di quegli anni: corruzione nell'amministrazione pubblica, donne per bene che pettegolano di cose che non conoscono creando maldicenze, il popolo che un istante prima è favorevole ad un signore a causa di qualche voce sul suo conto diventa diffidente ai limiti della maleducazione... Sicuramente indimenticabile è la parte in cui Čičikov si presenta ai diversi possidenti per convincerli a trattare la vendita delle anime ed ognuno è un modo di essere che Gogol ci fa sentire profondamente, ce lo rappresenta con le sue paure, le sue manie, i suoi difetti.<br />In un passo a pag. 125 Čičikov si trova a cena da Sobakevič, un possidente terrerio molto sospettoso e furbo, al suo tavolo oltre al padrone di casa ed alla moglie vi era una persona <span style="font-style: italic;">"della quale era difficile dire se fosse una signora o una fanciulla"</span> e che Gogol rappresenta così:<br /><blockquote style="font-style: italic;">Ci sono individui che esistono al mondo non come oggetti veri e propri, ma come macchioline estranee, o come chiazzettine su un oggetto. Siedono sempre allo stesso posto, tengono sempre la testa allo stesso modo, si è pronti quasi a scambiarli per un mobile, e si pensa che mai, da che sono nati, dalle loro labbra sia uscita una parola; (p. 125)<br /></blockquote>Gogol ci restituisce l'immagine di questa persona, che nel momento in cui abbiamo letto di lei già abbiamo dimenticato, una persona insignificante, che sembra non aver alcuna importanza nel racconto, ma che in realtà ci viene restituita in tutta la sua vitalità inerte, in tutto il suo essere, in modo molto efficace ed incisivo. Gogol riesce con poche pennellate a descrivere i personaggi in modo ineguagliabile e ci restituisce di loro l'anima, il corpo, tutto ma queste sono anime vive, sono individui che possiamo toccare ed a cui apparteniamo anche noi.<br /></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-78134714240757158082007-10-28T23:52:00.000+01:002007-10-29T09:30:36.798+01:00Molto forte, incredibilmente vicino<div style="text-align: justify;">Il commento di S. Rushdie al libro recita: "Ambizioso, pirotecnico, enigmatico...un risultato eccezionale". Libro costruito sulle diverse sensibilità, sui diversi stati d'animo, sulle sensazioni, sul riso e la commozione. Una catastrofe vista con gli occhi di un bambino, una giovane vita che palpita, soffre, si diverte.<br /></div><div style="text-align: justify;">Il protagonista, Oskar Schell, è un bambino molto intelligente e curioso di nove anni che si trova a vivere l'11/9. In realtà la tematica si allarga a comprendere altre catastrofi come il bombardamento di Dresda, Hiroshima, tutte vicende in cui i sopravvissuti hanno sviluppato problemi di relazione non riuscendo a sopportare l'idea di essere sopravvissuti.<br />In un passo conclusivo del libro vi è un dialogo tra Oskar ed un sopravvissuto di Dresda:<br /><blockquote>"Ho perso un figlio". "Veramente?"[..]"Come è morto?". "L'ho perso prima che morisse". "Come?". "Sono andato via". "Perchè?". Ha scritto: "Avevo paura". "Paura di cosa?". "Paura di perderlo". "Avevi paura che morisse?". "Avevo paura che vivesse". "Perchè?". Ha scritto:"La vita è più spaventosa della morte".<br />(pag. 346 - Molto forte, incredibilmente vicino. Ed. Guanda)<br /></blockquote>Il libro si basa sulla ricerca. Come in "Ogni cosa è illuminata" il protagonista era alla ricerca del suo passato attraverso una fotografia, qui Oskar non vuole far fuggire il ricordo, non vuole far svanire quello che sentiva per una persona cara che è venuta a mancare. Nella ricerca sente quel ricordo che lo segue e ne è appagato da un lato e tormentato dall'altro.<br />La storia, come in "Ogni cosa è illuminata" si intreccia con altre storie di sofferenza, di vita, di dolore. Sono bellissime le manie dei diversi personaggi, la loro caratterizzazione i loro tratti così definiti ed inconfondibili che ce li rende palpabili. Mi viene in mente il parallelo con "I sentieri dei nidi di ragno" di Calvino. Il tentativo di Pim di trovare un amico a cui far vedere i nidi, una persona di cui potersi fidarsi, la ricerca, il non comprendere alcune dinamiche della guerra, stimolano tenerezza, lo stesso sentimento che sentiamo seguendo le vicende di questo irritante, intelligente, triste, divertente ragazzino di nove anni. Oskar alla fine si rende conto alla fine che la vita non può che continuare, che non si può far altro che guardare avanti e dare la possibilità a se stessi di vivere.<br />Insomma un libro stupendo emblema dei tempi in cui viviamo veloci, spasmodici ma in cui anche una chiave può affascinarci e può farci ricordare che esistono cose per cui vale la pena battersi e che sono rinchiuse in noi stessi, sono le nostre paure, i nostri dolori, i nostri amori.<br /><br /><a href="http://technorati.com/tag/jonathan+safran+foer" rel="tag">Jonathan Safran Foer</a><br /><a href="http://technorati.com/tag/calvino" rel="tag">Calvino</a></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-24466630646900373732007-09-22T15:13:00.000+02:002008-12-13T13:20:29.262+01:00La morte della Pizia<div style="text-align: justify;">Lo scrittore svizzero Friedrich Durrenmatt nel 1976 scrive"La morte della Pizia" (i passi seguenti sono tratti da <span style="font-style: italic;">Racconti </span>- Ed. Feltrinelli) un racconto in cui la sacerdotessa attuale devota ad Apollo (Pannichide), emette i suoi oracoli con irriverenza e capriccio. Un giorno gli si presenta il giovane Edipo e lei, con la solita aria divertita gli profetizza che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre, una cosa talmente assurda che in realtà si avvera, ma non come noi cari alla tragedia di Sofocle, ci aspetteremmo, ma in un modo del tutto inaspettato. La storia di Edipo, infatti, viene raccontata alla Pizia, ormai morente, dai diversi protagonisti da Meneceo (padre di Giocasta), da Laio (padre presunto di Edipo), da Edipo, da Giocasta (madre presunta di Edipo) ed infine dalla Sfinge.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBgTXlMvZ5Hg3PB1ybKUwKbnRbitRp3UFAIpPpUk5-T9JBtylSPn73fzgQyR4SVdpBVjAAkZjuElKjyfjykZLDnV86QB_xiWJMaRxibEbnPB4ZLCc6ylGtkxWpaZ-izF8QMfTDZA/s1600-h/pizia-apollo.gif"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiBgTXlMvZ5Hg3PB1ybKUwKbnRbitRp3UFAIpPpUk5-T9JBtylSPn73fzgQyR4SVdpBVjAAkZjuElKjyfjykZLDnV86QB_xiWJMaRxibEbnPB4ZLCc6ylGtkxWpaZ-izF8QMfTDZA/s320/pizia-apollo.gif" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5113338840172337106" border="0" /></a><br /><br />In un vortice di intrecci, congetture, confessioni, si delinea un quadro della storia completamente diverso da quello che siamo soliti leggere nei libri di mitologia. Ognuno ha agito secondo interesse, desiderio, capriccio. Ogni storia sembra verosimile eppure il suo senso viene modificato dalla successiva fino ad arrivare alla conclusione che la Sfinge sarebbe la vera madre di Edipo con cui ha avuto rapporti amorosi e che il padre di Edipo sarebbe un ufficiale di Laio, comunque ucciso dal giovane. Anche se la storia non è quella "originaria" il vaticinio si è comunque avverato.<br />Il mito di Edipo ci pone di fronte ad un problema non risolto. Quello che sembrava in apparenza racchiude dentro di se un segreto che ne racchiude un altro, e come tante matrioske alla fine rimane il nulla, l'incertezza.<br />Dopo che ogni personaggio verrà alla Pizia morente raccontando la propria "verità", ammesso che sia verità quello che raccontano, rimarranno Tiresia e Pannichide soli. Il cieco (anche se confesserà di non esserlo) dirà:<br /><span style="font-style: italic;"><blockquote>"Non crucciarti vecchia, lascia che sia ciò che è stato comunque diverso, e che continuerà a risultare sempre diverso, quanto più indagheremo. [...] La verità esiste solo nei limiti in cui la lasciamo in pace. [...] Ci siamo trovati di fronte alla stessa inquietante realtà, che è imperscrutabile come l'uomo che la produce" (pag. 251)</blockquote></span>Durrenmatt rappresenta l'inconoscibilità dell'animo umano, le sue debolezze, le sue paure, le sue avidità, le sue mostruosità. Vi sono due mondi contrapposti: quello di Pannichide che profetizza con irriverenza e capriccio, e quello di Tiresia più sottomesso al calcolo politico ed all'interesse, eppure entrambi con uno scopo simile: <span style="font-style: italic;">"conferire una vaga parvenza d'ordine, una lieve traccia d'una qualche legge nel fluire tetro, lascivo e spesso sanguinoso degli eventi che ci è piombato addosso, trascinandoci con sè, proprio perché noi, anche se un poco soltanto, abbiamo tentato di arginarlo"</span> (pag. 251)<br /><br /><a href="http://technorati.com/tag/durrenmatt" rel="tag">Durrenmatt</a><br /><a href="http://technorati.com/tag/edipo" rel="tag">Edipo</a><br /><a href="http://technorati.com/tag/edipo" rel="tag">Tiresia</a></div>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-9204484276079149012007-08-23T12:00:00.000+02:002007-09-23T12:19:01.706+02:00Il braccio penzolante<div style="text-align: justify;">Marcenda, protagonista femminile dello stupendo romanzo di Josè Saramago, "L'anno della morte di Ricardo Reis" ha un braccio inerte a seguito della morte della madre, almeno lei sembra ravvisare un legame tra i due eventi. Un braccio che porta con se, cura come se fosse un gattino e che le dona, agli occhi del dottor Ricardo Reis, il protagonista del racconto (uno degli eteronimoi del poeta Fernando Pessoa), un'attrattiva notevole.<br />Il medico spesso si trova a parlare con il fantasma del poeta che gli dirà<br /><blockquote>“…solitudine non è vivere da soli, la solitudine è il non essere capaci di fare compagnia a qualcuno o a qualcosa che sta dentro di noi, non è un albero in mezzo a una pianura dove ci sia solo lui, è la distanza tra la linfa profonda e la corteccia."</blockquote>La solitudine, quindi, è l' incapacità di essere vicini a se stessi. Anche Marcenda forse sentiva estraneo quel braccio, lo sentiva distante da sè. Un'analoga situazione la ritroviamo nel romanzo d'esordio di Jonathan Safran Foer "Ogni cosa è illuminata" dove il nonno del protagonista (l'Eroe) possiede un braccio atrofizzato perchè non gli è stato permesso di nutrirsi al seno della madre e questo mancato nutrimento si è ripercosso su un'assenza di crescita di una sua parte del corpo. Questo braccio penzolante lo rende attraente agli occhi di molte donne con cui si trova ad avere rapporti senza peraltro riuscire a raggiungere l'orgasmo un'altro possibile effetto della mancata nutrizione.<br />Questi due pezzi di carne inerte, questi due ammassi corporei sembrano quasi non voler reagire semplicemente perchè non vogliono partecipare alle crudeltà del mondo a cui il resto del corpo è costretto ad assistere. In ambedue i libri si parla di guerra, nel primo dell'ascesa del Nazismo, nel secondo della sua folle furia distruttiva. A volte forse di fronte alle atrocità del mondo vorremmo chiuderci, non guardare, eppure questo non può che essere un atteggiamento irresponsabile.<br /></div><br /><a href="http://technorati.com/tag/jose+saramago" rel="tag">Josè Saramago</a><br /><a href="http://technorati.com/tag/jonathan+safran+foer" rel="tag">Jonathan Safran Foer</a><br /><a href="http://technorati.com/tag/Fernando+Pessoa" rel="tag">Fernando Pessoa</a><br /><a href="http://technorati.com/tag/Ricardo+Reis" rel="tag">Ricardo Reis</a>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-28203902.post-14814501495508688222007-07-30T17:00:00.000+02:002007-09-23T12:19:37.885+02:00Ingmar BergmanOggi è mancato Ingmar Bergman, grande regista ma soprattutto poeta della cinepresa che ha saputo infondere nei suoi film il senso di strazio, di tristezza, di metafisica ricerca presente in ognuno di noi. Un uomo ineguagliabile che ci ha donato perle di rara bellezza: Il settimo sigillo, Persona, Sussurri e Grida, Il posto delle fragole, Fanny & Alexander e continuare sarebbe inutile dato che ogni sua opera possiede potenza evocativa, profondità esistenziale che diviene vuoto angosciante una volta conclusa.<br /><a href="http://technorati.com/tag/ingmar+bergman" rel="tag">ingmar bergman</a>Linkerhttp://www.blogger.com/profile/18242545910844832800noreply@blogger.com0