Alla ricerca del tempo perduto - III
Proust parlando dei Cottard, una coppia che Swann incontra spesso dai Verdurin, scrive:
(Tratto da Alla ricerca del tempo perduto ed. Meridiani - Mondadori)
poichè dell'incanto, della grazia, delle forme della natura il pubblico non conosce che quel tanto che ne ha attinto negli esempi più banali di un'arte lentamente assimilata, e poichè un artista originale comincia appunto dal rifiuto di tali esempi, i Cottard, emblema in questo caso del pubblico, non trovavano nè nella sonata di Vinteuil nè nei ritratti del pittore ciò che rappresentava per loro l'armonia della musica e la bellezza della pittura.
(pag. 259)
Leggendo queste parole ci viene da pensare a quante volte noi stessi siamo stati quel pubblico, pieni della nostra arroganza intellettuale, indispettiti o addirittura turbati da forme diverse di espressione artistica, letteraria o corporea. Spesso l'incomprensione porta al rifiuto, alla derisione e anche all'emarginazione. Ci sentiamo sempre certi che il nostro sia l'unico punto di vista coerente, valido e non ci rendiamo conto di come la diversità ci renda ricchi.
Mi viene in mente un bel libro del Nobel americano Pearl S. Buck in cui, dipigendo la Cina del primo Novecento, senza mai giudicare o condannare, facendo parlare una donna cinese devota alla tradizione del suo popolo, scrive:
(tratto da Vento dell'Est, vento dell'Ovest - ed.Mondadori per Repubblica)
Mi viene in mente un bel libro del Nobel americano Pearl S. Buck in cui, dipigendo la Cina del primo Novecento, senza mai giudicare o condannare, facendo parlare una donna cinese devota alla tradizione del suo popolo, scrive:
(tratto da Vento dell'Est, vento dell'Ovest - ed.Mondadori per Repubblica)
L'arpa è il più antico strumento del mio popolo, e andrebbe suonata quando c'è luna, sotto gli alberi, vicino ad acque chete. Allora la sua voce acquista arcane dolcezze. Qui però, dove suonavo ora, nell'opaca camera straniera, l'arpa dava un suono debole e soffocato.Probabilmente ognuno di noi sente, di fronte ad un' arpa, emblema delle proprie tradizioni, delle proprie certezze, una sorta di venerazione: ci si sente protetti. E' difficile suonarla in "camere straniere", ovvero guardare oltre, senza aver paura di contaminazioni o di fratture con le proprie certezze, eppure il suono "debole e soffocato" acquisterebbe una dolcezza diversa, diverrebbe ora una sinfonia in cui la nostra è solo una nota che non perde la propria individualità ma concerta insieme alle altre per una musica nuova.
(pag. 34)