venerdì, dicembre 28, 2007

Queneau: il tempo, la Storia, il sogno - I

Il grande scrittore francese Raymond Queneau è stato un grande innovatore della letteratura mondiale. Famoso è il suo divertimento letterario Esercizi di stile dove un brevissimo racconto di un viaggio in autobus diventa la materia con cui l'autore produce 99 variazioni sul tema rinarrando la storia con l'uso di tutte le figure retoriche, dei diversi generi letterari, giocando con le sostituzioni grammaticali ed altro ancora, dimostrando, in questo modo, le molteplici possibilità, le grandiosi potenzialità della lingua.
Ma Queneau oltre che un "teorico" è stato anche un grande scrittore che ci ha lasciato romanzi molto eleganti dal punto di vista formale e vorticosi da quello costruttivo.
In I fiori blu (i passi seguenti sono tratti dall'edizione de La biblioteca di Repubblica) il Duca d'Auge attraversa l'era moderna ricomparendo ogni 175 anni e Cindrolin vive negli anni Sessanta su un'arca ancorata nei pressi di Parigi. Le due storie si svolgono indipendentemente fino ad incontrarsi. Un romanzo sul sogno (il racconto dell'uno si colloca quando l'altro sogna), un racconto sul tempo che scorre inesorabile, sulla memoria.
"Ci sono sogni che si snodano come incidenti senza importanza, cose che nella vita ad occhi aperti neppure se ne riterrebbe il ricordo, eppure ti occupano al mattino quando li afferri mentre si spingono in disordine contro la porta delle palpebre. Avrò sognato?" (pag. 14)
L'espressione "fiori blu" appare due volte nel romanzo all'inizio ed alla fine quasi ad indicare una certa ciclicità ma anche un certo cambiamento. All'inizio il Duca d'Auge esclama: "Lontano! Qui il fango è fatto dei nostri fiori" ("Loin! Loin! Ici la boue est faite de nos fleurs") (pag. 8) che è un verso di "Moesta et errabunda" (I Fiori del male di Baudelaire) con l'unica differenza di un cambio di consonante ("Loin! Loin! Ici la boue est faite de nos pleurs!"). Come dice Calvino nelle note del traduttore, "In Q. il fango è quello della Storia che si disfa [...] e di cui tutto il profitto che si può ricavare sono "un po' di giochi di parole" e "un po' d'anacronismi"; ma è certo che questa fanghiglia contiene tanto i "fiori" degli ideali delusi quanto i "pianti" di cui la realtà della Storia è inzuppata" (pag. 221)
Alla fine del romanzo ricompare di nuovo l'espressione "fiori blu" quando il Duca d'Auge approda con la chiatta di Cidrolin trasformata in Arca di Noè per attraversare il diluvio ed arrivare alla meta sognata (uscire dal Tempo? o ricominciare l'Eterno Ritorno del tempo ciclico?)
"Uno strato di fango ricopriva ancora la terra ma qua e là piccoli fiori blu stavano già sbocciando"(pag. 216)
Qui i fiori blu sono il colore che ridona vigore alla vita, la speranza che cerca di sollevarsi dalla fanghiglia.
Voglio terminare questo post ricordando cosa vi era scritto nel risvolto di copertina della prima edizione di Les fleurs bleues
"Secondo un celebre apologo cinese, Chuang-tzé sogna d'essere una farfalla; ma chi dice che non sia la farfalla a sognare di essere Chuang-tzé? E in questo romanzo, è il Duca d'Auge che sogna di essere Cindrolin o è Cindrolin che sogna di essere il Duca d'Auge?"

domenica, dicembre 09, 2007

La vita in "Le anime morte"

Lo scrittore russo Nikolai Gogol nel 1842 scrisse l'opera destinata a diventare una delle sue più celebri: "Le anime morte" (passi tratti da Nikolai Gogol, Opere - Vol II, Meridiani Collezione). Nelle intenzioni dell'autore vi era l'idea di scrivere un grande poema russo che seguendo le orme della Commedia dantesca potesse rappresentare la vita della Russia a partire dalle dimensioni più basse, l'inferno appunto, di cui il testo pervenutoci rappresenta il compimento.
La trama è molto semplice: un giorno, nel capoluogo del governatorato di N. arriva l'assessore collegiale Pavel Ivanovič Čičikov che cerca di ingraziarsi tutti con i suoi modi gentili. Il suo scopo è acquistare delle anime morte, ovvero dei lavoranti che non risultano ancora depennati dal censimento ma che sono in realtà morti. L'apparente semplicità della trama si svolge come un affresco sarcastico, satirico ed a tratti grottesco della Russia di quegli anni: corruzione nell'amministrazione pubblica, donne per bene che pettegolano di cose che non conoscono creando maldicenze, il popolo che un istante prima è favorevole ad un signore a causa di qualche voce sul suo conto diventa diffidente ai limiti della maleducazione... Sicuramente indimenticabile è la parte in cui Čičikov si presenta ai diversi possidenti per convincerli a trattare la vendita delle anime ed ognuno è un modo di essere che Gogol ci fa sentire profondamente, ce lo rappresenta con le sue paure, le sue manie, i suoi difetti.
In un passo a pag. 125 Čičikov si trova a cena da Sobakevič, un possidente terrerio molto sospettoso e furbo, al suo tavolo oltre al padrone di casa ed alla moglie vi era una persona "della quale era difficile dire se fosse una signora o una fanciulla" e che Gogol rappresenta così:
Ci sono individui che esistono al mondo non come oggetti veri e propri, ma come macchioline estranee, o come chiazzettine su un oggetto. Siedono sempre allo stesso posto, tengono sempre la testa allo stesso modo, si è pronti quasi a scambiarli per un mobile, e si pensa che mai, da che sono nati, dalle loro labbra sia uscita una parola; (p. 125)
Gogol ci restituisce l'immagine di questa persona, che nel momento in cui abbiamo letto di lei già abbiamo dimenticato, una persona insignificante, che sembra non aver alcuna importanza nel racconto, ma che in realtà ci viene restituita in tutta la sua vitalità inerte, in tutto il suo essere, in modo molto efficace ed incisivo. Gogol riesce con poche pennellate a descrivere i personaggi in modo ineguagliabile e ci restituisce di loro l'anima, il corpo, tutto ma queste sono anime vive, sono individui che possiamo toccare ed a cui apparteniamo anche noi.