Molto forte, incredibilmente vicino
Il commento di S. Rushdie al libro recita: "Ambizioso, pirotecnico, enigmatico...un risultato eccezionale". Libro costruito sulle diverse sensibilità, sui diversi stati d'animo, sulle sensazioni, sul riso e la commozione. Una catastrofe vista con gli occhi di un bambino, una giovane vita che palpita, soffre, si diverte.
Il protagonista, Oskar Schell, è un bambino molto intelligente e curioso di nove anni che si trova a vivere l'11/9. In realtà la tematica si allarga a comprendere altre catastrofi come il bombardamento di Dresda, Hiroshima, tutte vicende in cui i sopravvissuti hanno sviluppato problemi di relazione non riuscendo a sopportare l'idea di essere sopravvissuti.
In un passo conclusivo del libro vi è un dialogo tra Oskar ed un sopravvissuto di Dresda:
La storia, come in "Ogni cosa è illuminata" si intreccia con altre storie di sofferenza, di vita, di dolore. Sono bellissime le manie dei diversi personaggi, la loro caratterizzazione i loro tratti così definiti ed inconfondibili che ce li rende palpabili. Mi viene in mente il parallelo con "I sentieri dei nidi di ragno" di Calvino. Il tentativo di Pim di trovare un amico a cui far vedere i nidi, una persona di cui potersi fidarsi, la ricerca, il non comprendere alcune dinamiche della guerra, stimolano tenerezza, lo stesso sentimento che sentiamo seguendo le vicende di questo irritante, intelligente, triste, divertente ragazzino di nove anni. Oskar alla fine si rende conto alla fine che la vita non può che continuare, che non si può far altro che guardare avanti e dare la possibilità a se stessi di vivere.
Insomma un libro stupendo emblema dei tempi in cui viviamo veloci, spasmodici ma in cui anche una chiave può affascinarci e può farci ricordare che esistono cose per cui vale la pena battersi e che sono rinchiuse in noi stessi, sono le nostre paure, i nostri dolori, i nostri amori.
Jonathan Safran Foer
Calvino
In un passo conclusivo del libro vi è un dialogo tra Oskar ed un sopravvissuto di Dresda:
"Ho perso un figlio". "Veramente?"[..]"Come è morto?". "L'ho perso prima che morisse". "Come?". "Sono andato via". "Perchè?". Ha scritto: "Avevo paura". "Paura di cosa?". "Paura di perderlo". "Avevi paura che morisse?". "Avevo paura che vivesse". "Perchè?". Ha scritto:"La vita è più spaventosa della morte".Il libro si basa sulla ricerca. Come in "Ogni cosa è illuminata" il protagonista era alla ricerca del suo passato attraverso una fotografia, qui Oskar non vuole far fuggire il ricordo, non vuole far svanire quello che sentiva per una persona cara che è venuta a mancare. Nella ricerca sente quel ricordo che lo segue e ne è appagato da un lato e tormentato dall'altro.
(pag. 346 - Molto forte, incredibilmente vicino. Ed. Guanda)
La storia, come in "Ogni cosa è illuminata" si intreccia con altre storie di sofferenza, di vita, di dolore. Sono bellissime le manie dei diversi personaggi, la loro caratterizzazione i loro tratti così definiti ed inconfondibili che ce li rende palpabili. Mi viene in mente il parallelo con "I sentieri dei nidi di ragno" di Calvino. Il tentativo di Pim di trovare un amico a cui far vedere i nidi, una persona di cui potersi fidarsi, la ricerca, il non comprendere alcune dinamiche della guerra, stimolano tenerezza, lo stesso sentimento che sentiamo seguendo le vicende di questo irritante, intelligente, triste, divertente ragazzino di nove anni. Oskar alla fine si rende conto alla fine che la vita non può che continuare, che non si può far altro che guardare avanti e dare la possibilità a se stessi di vivere.
Insomma un libro stupendo emblema dei tempi in cui viviamo veloci, spasmodici ma in cui anche una chiave può affascinarci e può farci ricordare che esistono cose per cui vale la pena battersi e che sono rinchiuse in noi stessi, sono le nostre paure, i nostri dolori, i nostri amori.
Jonathan Safran Foer
Calvino