sabato, giugno 07, 2008

Underworld

Ogni volta che si legge un libro di DeLillo si rimane colpiti dalla profondità della pagina. Il racconto travalica i limiti del foglio per avvolgere la nostra vita e ci presenta ciò che accade in un modo nuovo e sempre più profondo. "Underworld" è, credo, il capolavoro narrativo di DeLillo, diverse storie che si avvicinano ed allontanano in 900 pagine in cui magistralmente vengono rappresentati gli eventi. Cercare di riassumerne il contenuto non ha senso. Tutto ha inizio con la storica partita di baseball dei Giants contro i Dodgers del 1951 raccontata nelle prime 50 pagine e che, attraverso la palla dell'ultimo fuoricampo, avvolge tutto il racconto. La storia americana degli anni '50 - '60 viene sezionata attraverso lo sguardo di uomini comuni, miti veri e fasulli.
"Tutto è collegato, alla fine" (pag. 879) sembra quasi un monito al lettore di come ogni azione possa condizionare lo scorrere degli eventi, come ognuno di noi abbia una responsabilità.
Di questo libro si potrebbe parlare a lungo ma volevo solo mettere in evidenza un passo che credo sintetizzi bene la dimensione dell'opera di DeLillo. Nell'ultimo capitolo, si narra dell'apparizione su un cartellone pubblicitario di una bambina uccisa nel Bronx, Esmeralda. Il giorno dell'apparizione molte persone sono lì a guardare il fenomeno e così anche il giorno dopo con l'arrivo di venditori di cimeli, gadget... Il terzo giorno arriva la mamma tossicomane scomparsa e si sente male, ed il quarto giorno il cartellone pubblicitario viene rimosso.
"Il cartellone è tutto bianco. con due sole parole, Spazio Disponibile, seguite da un numero di telefono a caratteri eleganti" (pag. 876)

"E cosa ricordi, alla fine, quando tutti sono andati a casa e le strade sono vuote di devozione e speranza, spazzate dal vento del fiume? Il ricordo è vago e amaro, e ti fa vergognare con la sua fondamentale menzogna - tutto sfumature e silhouette magica? Oppure la potenza del trascendente indugia, il senso di un evento che viola le forze naturali, qualcosa di sacro che pulsa all'orizzonte caldo, la visione che desideri ardentemente perché hai bisogno di un segno che contraddica il tuo dubbio? [...] E ricorda l'odore del carburante degli aerei. Questo è l'incenso della sua esperienza, cedro e resina bruciati" (pag. 876-877)
In una zona degradata come il Bronx, vi è lo spazio per un momento di poesia, o forse è proprio in quelle zone che si esprime con tutta la carica un certo tipo di poesia metropolitana fatta di speranza, di contraddizione, di delirio, di redenzione.
Il miracolo accade nel Bronx, e dove appare il volto se non su un cartellone pubblicitario, simbolo del consumismo, del nostro desiderio incessante di acquistare e consumare? E quello "Spazio disponibile" cosa rappresenta? La prossima sostituzione con un nuovo miracolo, più d'effetto, con maggior attrattiva, perché anche nel miracolo vi è un subdolo aspetto consumistico... oppure cosa? Eppure qualsiasi momento di profondità rimane avvolto nell'atmosfera metropolitana dove simboli della modernità vanno a sostituire quelli sacri.

L'ultima parola del libro è "Pace", forse "Spazio disponibile" rappresenta un modo per raggiungerla o in cui crediamo di averla a portata di mano.