La vita in "Le anime morte"
Lo scrittore russo Nikolai Gogol nel 1842 scrisse l'opera destinata a diventare una delle sue più celebri: "Le anime morte" (passi tratti da Nikolai Gogol, Opere - Vol II, Meridiani Collezione). Nelle intenzioni dell'autore vi era l'idea di scrivere un grande poema russo che seguendo le orme della Commedia dantesca potesse rappresentare la vita della Russia a partire dalle dimensioni più basse, l'inferno appunto, di cui il testo pervenutoci rappresenta il compimento.
La trama è molto semplice: un giorno, nel capoluogo del governatorato di N. arriva l'assessore collegiale Pavel Ivanovič Čičikov che cerca di ingraziarsi tutti con i suoi modi gentili. Il suo scopo è acquistare delle anime morte, ovvero dei lavoranti che non risultano ancora depennati dal censimento ma che sono in realtà morti. L'apparente semplicità della trama si svolge come un affresco sarcastico, satirico ed a tratti grottesco della Russia di quegli anni: corruzione nell'amministrazione pubblica, donne per bene che pettegolano di cose che non conoscono creando maldicenze, il popolo che un istante prima è favorevole ad un signore a causa di qualche voce sul suo conto diventa diffidente ai limiti della maleducazione... Sicuramente indimenticabile è la parte in cui Čičikov si presenta ai diversi possidenti per convincerli a trattare la vendita delle anime ed ognuno è un modo di essere che Gogol ci fa sentire profondamente, ce lo rappresenta con le sue paure, le sue manie, i suoi difetti.
In un passo a pag. 125 Čičikov si trova a cena da Sobakevič, un possidente terrerio molto sospettoso e furbo, al suo tavolo oltre al padrone di casa ed alla moglie vi era una persona "della quale era difficile dire se fosse una signora o una fanciulla" e che Gogol rappresenta così:
La trama è molto semplice: un giorno, nel capoluogo del governatorato di N. arriva l'assessore collegiale Pavel Ivanovič Čičikov che cerca di ingraziarsi tutti con i suoi modi gentili. Il suo scopo è acquistare delle anime morte, ovvero dei lavoranti che non risultano ancora depennati dal censimento ma che sono in realtà morti. L'apparente semplicità della trama si svolge come un affresco sarcastico, satirico ed a tratti grottesco della Russia di quegli anni: corruzione nell'amministrazione pubblica, donne per bene che pettegolano di cose che non conoscono creando maldicenze, il popolo che un istante prima è favorevole ad un signore a causa di qualche voce sul suo conto diventa diffidente ai limiti della maleducazione... Sicuramente indimenticabile è la parte in cui Čičikov si presenta ai diversi possidenti per convincerli a trattare la vendita delle anime ed ognuno è un modo di essere che Gogol ci fa sentire profondamente, ce lo rappresenta con le sue paure, le sue manie, i suoi difetti.
In un passo a pag. 125 Čičikov si trova a cena da Sobakevič, un possidente terrerio molto sospettoso e furbo, al suo tavolo oltre al padrone di casa ed alla moglie vi era una persona "della quale era difficile dire se fosse una signora o una fanciulla" e che Gogol rappresenta così:
Ci sono individui che esistono al mondo non come oggetti veri e propri, ma come macchioline estranee, o come chiazzettine su un oggetto. Siedono sempre allo stesso posto, tengono sempre la testa allo stesso modo, si è pronti quasi a scambiarli per un mobile, e si pensa che mai, da che sono nati, dalle loro labbra sia uscita una parola; (p. 125)Gogol ci restituisce l'immagine di questa persona, che nel momento in cui abbiamo letto di lei già abbiamo dimenticato, una persona insignificante, che sembra non aver alcuna importanza nel racconto, ma che in realtà ci viene restituita in tutta la sua vitalità inerte, in tutto il suo essere, in modo molto efficace ed incisivo. Gogol riesce con poche pennellate a descrivere i personaggi in modo ineguagliabile e ci restituisce di loro l'anima, il corpo, tutto ma queste sono anime vive, sono individui che possiamo toccare ed a cui apparteniamo anche noi.