Medea ed il mito ritrovato - I
La storia di Medea, come donna ferita dal tradimento di Giasone e carnefice dei propri figli, è la versione che ci è stata tramandata da Euripide e che mette in evidenza i tratti greci della concubina e della madre.
Il mito di Medea è stato ripreso da molti autori dall'antichità fino ai nostri giorni, partendo da Euripide, Ovidio (della cui opera a riguardo si è persa ogni traccia) fino alle opere di Grillparzer, Alvaro e la stupenda versione cinematografica di Pasolini.
Ogni "versione" porta in se degli elementi di discussione che ovviamente non si possono esaurire nè banalizzare in questa sede, ma quasi tutte le opere riprendono il mito secondo la tradizione euripidea. Christa Wolf, invece, rielabora i frammenti del mito provenienti da fonti diverse, attestate soprattutto da Apollonio Rodio, mettendo in evidenza, nello stesso tempo, come nella storia dell'uomo ci sia stata la tendenza, nei momenti di crisi, a cercare un capro espiatorio, a caricare spesso di segni negativi una determinata figura, spesso femminile (si chiami Cassandra, o "strega" destinata al rogo) per destituirla di ogni autorevolezza.
La Medea che uccide i propri figli e dice riguardo alla fine che dovrà fare Giasone: (Eurip. Medea vv. 803 - 806)
Ogni "versione" porta in se degli elementi di discussione che ovviamente non si possono esaurire nè banalizzare in questa sede, ma quasi tutte le opere riprendono il mito secondo la tradizione euripidea. Christa Wolf, invece, rielabora i frammenti del mito provenienti da fonti diverse, attestate soprattutto da Apollonio Rodio, mettendo in evidenza, nello stesso tempo, come nella storia dell'uomo ci sia stata la tendenza, nei momenti di crisi, a cercare un capro espiatorio, a caricare spesso di segni negativi una determinata figura, spesso femminile (si chiami Cassandra, o "strega" destinata al rogo) per destituirla di ogni autorevolezza.
La Medea che uccide i propri figli e dice riguardo alla fine che dovrà fare Giasone: (Eurip. Medea vv. 803 - 806)
Ché vivi non vedrà mai più quei figli ch'ebbe da me, né dalla nuova sposa avrà mai prole, ché il destino vuole che quella trista donna trista morte trovi pei miei veleni
è una donna forte che vuole esprimere la propria autorità e vuole spogliare lo sposo di qualsiasi motivo di orgoglio (i figli ed il potere) per affondarlo. E' lontanissima dalla Medea della Wolf che dice (C. Wolf, Medea ed. e/o)
In questa bellissima opera della scrittrice tedesca, in cui la materia è sviluppata attraverso un gioco di monologhi interiori, le pagine sono cariche di passione, alcune di odio, altre di amore ma quelle che più ci colpiscono sono quelle intrise delle urla silenziose degli innocenti figli di Medea.
Per un primo approfondimento, oltre alla lettura dell'opera nella bella edizione e/o, consiglio il seguente link:
http://www.griseldaonline.it/formazione/medea_varotti.htm
"Morti. Li hanno uccisi. Lapidati, dice Arinna. E io che credevo che, se me ne fossi andata, la loro sete di vendetta sarebbe passata. Non li conoscevo.[...] L'amore è stato fatto a brani, cessa anche il dolore. Sono libera. Senza desideri ascolto il vuoto che mi colma"(pag. 223)E' in queste strazianti parole che Medea esprime il suo spirito di madre, ferito, distrutto da una cieca rivolta del popolo di Corinto.
In questa bellissima opera della scrittrice tedesca, in cui la materia è sviluppata attraverso un gioco di monologhi interiori, le pagine sono cariche di passione, alcune di odio, altre di amore ma quelle che più ci colpiscono sono quelle intrise delle urla silenziose degli innocenti figli di Medea.
Per un primo approfondimento, oltre alla lettura dell'opera nella bella edizione e/o, consiglio il seguente link:
http://www.griseldaonline.it/formazione/medea_varotti.htm